L’Italia,
si sa, è il paese delle iniziative locali e, fra tante che vi fioriscono, ve ne
sono di quelle che danno frutti saporiti e durevoli. Ciò è tanto più vero in
un campo nel quale il vuoto risultante dal perdurante disinteresse dello Stato
per la promozione delle attività musicali e, soprattutto, dell’educazione
musicale diffusa dei cittadini è colmato da una miriade di attività promosse
da enti locali e da associazioni di privati cittadini. Il bilancio del lavoro
svolto nell’arco di dieci anni dall’associazione “L’Orfeo” e dalla sua
filiazione, il gruppo “L’Orfeo Ensemble”, è una dimostrazione esemplare
della validità di questa affermazione, sia per il numero delle manifestazioni
promosse e organizzate sia, soprattutto, per la loro qualità, e meritava quindi
di essere registrato nel volume che qui si presenta.
Intervenendo
nella mia specifica veste di docente universitario di musicologia, e di
rappresentante pro tempore della categoria, mi preme sottolineare come
nell’attività de “L’Orfeo” - “L’Orfeo Ensemble” si realizzi un incontro ideale tra i due
modi possibili di accostarsi alla musica, quello pratico dell’esecuzione e
quello “scientifico” della riflessione storica e teorica. Un incontro che si
incarna, sul piano professionale e anche personale, nell’attività congiunta
dei due ‘motori’ dell’associazione, Fabrizio Ammetto, violinista/violista, didatta,
responsabile di un istituto di formazione musicale, particolarmente attento al
vaglio critico-testuale delle musiche di cui è esecutore, e Gioia Filocamo,
studiosa di formazione universitaria, con solide basi di preparazione musicale.
Mi preme sottolineare la complementarità, anzi la reciproca dipendenza, delle
competenze necessarie per affrontare il fatto musicale (evento e/o opera) nella
sua enorme complessità, in un momento in cui iniziative di legge forse
improvvide – benché maturate in tempi molto lunghi – rischiano di
perpetuare la secolare reclusione della prassi musicale nel recinto,
privilegiato per certi versi ma umiliante per altri, della preparazione musicale
come fatto di alto artigianato, separandola dal rapporto con le altre
espressioni della cultura umanistica e scientifica. Cosa che, per converso, non
potrà non alimentare la diffidenza, anch’essa secolare e tutta italiana,
della cultura sedicente alta nei confronti della musica.
Per fortuna
il ‘giornale di viaggio’ de “L’Orfeo” - “L’Orfeo Ensemble” è una prova palmare, fra le
altre possibili, di quanto sia fruttuosa una scelta che, al contrario, favorisca
la molteplicità e l’integrazione delle competenze evitando di cadere nella
routine delle programmazioni più scontate. Da una parte, le attività
concertistiche e le incisioni discografiche mostrano la chiara volontà di
affrontare l’intero arco storico della musica occidentale, bilanciando
attentamente la presenza di periodi ed autori meno frequentati dal repertorio
concertistico corrente con la presentazione di opere meno note, ma non per
questo meno degne di attenzione, dei maggiori e dei sommi, con un’attenzione
alle scelte testuali che si esprime anche nella produzione di edizioni
rigorosamente vagliate di musiche rare. Dall’altra, le attività musicologiche
evitano scientemente di riprodurre il modello scontato della chiacchierata
introduttiva al concerto, spesso ripetizione di luoghi comuni, e offrono alla
comunità civile di un centro di alte tradizioni culturali, qual è Spoleto, la
possibilità di cogliere alcuni frutti del lavoro di ricerca che si svolge nelle
istituzioni accademiche in Italia e all’estero.
In qualità
di docente e di responsabile di un Dottorato di ricerca, quello in Musicologia e
Scienze filologiche dell’Università di Pavia con sede a Cremona – nel quale
anche Gioia Filocamo ha svolto il tratto finale della sua formazione – mi
piace sottolineare che una parte notevolissima delle attività musicologiche
organizzate da “L’Orfeo Ensemble” (seminari, masterclass e convegni) è
stata sostenuta, oltre che da docenti di prestigio internazionale, da dottori di
ricerca e dottorandi afferenti ai diversi dottorati musicologici attivati
nelle università italiane, i quali si sono quasi tutti già fatti conoscere e
apprezzare per la loro produzione scientifica. Ancora una volta, una
constatazione che da una parte ci rallegra perché dimostra la validità di
quanto la musicologia italiana ha saputo costruire e produrre in poco più di
trent’anni di presenza estesa nell’università italiana, portandola a un
livello senz’altro comparabile a quanto da tempo si è fatto in paesi di più
consolidata tradizione musicologica; dall’altro ci lascia un po’ di
amarezza, pensando alle difficoltà che questi giovani studiosi, che
costituiscono il patrimonio intellettuale prodotto al livello più alto del
nostro sistema formativo, devono affrontare per inserirsi in maniera dignitosa
in istituzioni didattiche e di ricerca che diano loro la possibilità di
produrre ciò per cui, in fine dei conti, la comunità e lo Stato hanno
investito per consentire la loro preparazione. È, questa, una delle tante
contraddizioni italiane, che si potrà sanare solo quando la tanto vantata
“tradizione musicale” del nostro paese cesserà di essere solo un luogo
comune da cartolina, e quando la consapevolezza dell’importanza culturale,
civile e, ricordiamolo, anche economica della vita e del patrimonio musicali si
sarà affermata nella coscienza intellettuale diffusa e di conseguenza nelle
scelte politiche di chi ci governa. Una strada ancora lunga e difficile, alla
quale iniziative come quelle rappresentate dall’attività de “L’Orfeo” -
“L’Orfeo Ensemble” danno e daranno un contributo essenziale.